Roma, 6 aprile 2021 – “Siamo sempre stati ottimisti. Ma il dato concreto di realtà è che siamo molto preoccupati perché il vaccino per la salute sta iniziando ad arrivare, ma per il vaccino dell’economia ci vorrà ancora molto tempo. Le risorse nel Decreto Sostegni non coprono nemmeno il 5% dei costi fissi. Praticamente, un’elemosina. Senza poi dimenticare che i 32 miliardi del Decreto Sostegni erano stati autorizzati per coprire le chiusure a cavallo delle feste di Natale. Adesso siamo ad aprile, tutti in “quasi lockdown” con la prospettiva di arrivare in questa situazione a maggio. E comunque le restrizioni parziali e la crisi dei consumi ci saranno quanto meno fino alla fine del 2021.
I numeri in gioco sono drammatici. Secondo il Centro Studi di CONFASSOCIAZIONI, tra il 2020 e i primi 2 mesi del 2021 abbiamo perso più di 350 miliardi di fatturato. Un mondo che difficilmente potrà essere risollevato dai 20 miliardi di euro del Recovery Plan che potrebbero arrivare quest’anno. Per questo, serve subito un nuovo scostamento per salvare imprese e partite IVA in crisi. Fatti i calcoli, ce ne vorrebbero almeno 50”.
È vero che da noi esiste il capitolo CIG, ma per le imprese più piccole (il 95% delle 4,3 milioni di imprese italiane) il costo del lavoro è una componente flessibile e residuale rispetto ai costi fissi. Come dire: la CIG potrà lenire le sofferenze del mondo del lavoro, ma non è lo strumento per evitare i fallimenti.
CONFASSOCIAZIONI stima che, nei prossimi 9 mesi, potrebbero chiudere almeno una impresa su 4 sotto i 10 dipendenti. Ecco perché i sostegni dovevano essere dati, come in Germania, con logiche estese. Se poi le imprese non ne avessero avuto più diritto in base ai parametri, li avrebbero restituiti con la dichiarazione successiva. Succede già normalmente nel caso dell’anticipo della Naspi che viene dato ai disoccupati che vogliono aprire una partita iva. Non si poteva fare la stessa cosa? E, invece, si è fatto lo stesso errore di strategia della UE sulla negoziazione al ribasso dei prezzi dei vaccini. Negoziare al ribasso il futuro.
Il Report sugli scenari economici 2021 segnala per l’autunno l’innesco di tanti altri gravi problemi che colpiranno il sistema. Il primo problema è chiaramente la fine del divieto di licenziamento e della CIG Covid prevista per il 30 giugno con prolungamenti fino al 30 settembre su base settoriale. Il Centro Studi di CONFASSOCIAZIONI, rielaborando i ben più pessimistici dati dell’OIL, stima che potremmo perdere fino ad un milione e 500mila lavoratori nei prossimi 12/15 mesi, principalmente per effetto della chiusura di circa 500mila piccole imprese sotto i 10 dipendenti. Il tutto si sommerà ai circa 600mila occupati che abbiamo perso nel 2020 (principalmente tempi determinati) e alla perdita di decine di migliaia di stagionali e occupati in nero. Tutto questo si sta già riversando su ammortizzatori sociali come Naspi e Reddito di Cittadinanza. Tralasciando il problema delle donne, insieme ai sanitari, l’altra prima linea vittima (indiretta) della strage pandemica.
Il secondo problema è l’orizzonte della fine del blocco degli sfratti che è fissata anch’essa al 30 giugno. Grazie a questa salvaguardia molte persone hanno smesso di pagare gli affitti ai proprietari, non sempre a causa della crisi. Come dire, la fine del principio di legalità.
Un terzo problema è quello delle moratorie sui mutui (circa 189 miliardi di Euro) anch’essa fissata sull’orizzonte del 30 giugno. Un grosso problema per le banche dovranno comprendere quanti soggetti avranno ancora un lavoro in grado di onorare il mutuo stesso, anche a seguito della fine del divieto di licenziamento. Senza poi dimenticare, i 162 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato con il Decreto Liquidità che rischiano di diventare un vero problema per le banche inizialmente, e per lo Stato a seguire. KPMG stima complessivamente per la fine del 2021 e l’inizio del 2022 una cifra monstre tra i 50 e 100 miliardi di NPL. E sullo spread generato da eventuali banche in crisi, non c’è effetto Draghi che tenga.
Infine, i 107 miliardi di euro di evasione fiscale e previdenziale che, al 30 giugno 2020, ha portato il carico residuo delle cartelle esattoriali ancora da riscuotere a quasi 1000 miliardi di euro, di cui una parte preponderante relative al periodo 2001-2015, cioè praticamente prescritte. Il principio di giustizia imporrebbe di superare i problemi organizzativi e riscuoterle tutte. Ma, bisogna essere pragmatici: quanto costerebbe tentare di recuperare cartelle scadute di cui tutti (se lo sapessero) potrebbero procedere facilmente per l’annullamento al Giudice di Pace?
Per questo l’importante sarebbe non drenare liquidità e offrire la possibilità al sistema imprenditoriale di ripartire senza le ombre di un passato ormai inesigibile. Quanto poi alla polemica sul fatto che le tasse le pagano solo dipendenti e pensionati, varrebbe la pena di leggere l’audizione dell’Agenzia delle Entrate del settembre scorso alla Commissione Finanze della Camera. Un testo dove viene affermato che i contribuenti con debiti residui da riscuotere sono circa 17,9 milioni, di cui 5,5 milioni sono società o partite IVA, e 12,4 milioni sono dipendenti e pensionati. Come dire che l’azionista di maggioranza quantitativo dell’evasione fiscale dal punto di vista delle cartelle non sono le partite IVA, ma quelli che dicono che le tasse le pagano soltanto loro. Tra le tante distopie informative del mondo pandemico, un’altra verità da far venire alla luce”.
Lo ha dichiarato in una nota il Presidente di CONFASSOCIAZIONI, Angelo DEIANA.